Chi salvò il Ponte Vecchio dalle bombe naziste?

Se furono i nazisti o un curioso personaggio fiorentino a salvare il Ponte Vecchio dai bombardamenti, questo è il dilemma.

Certo è che il Ponte Vecchio venne risparmiato nella notte tra il 3 e il 4 agosto del 1944, la notte in cui le truppe tedesche fecero saltare in aria i ponti di Firenze. Una notte terribile per Firenze, la più memorabile e dolorosa tra quelle della sua occupazione. Una notte, però, che segnò la svolta nella lotta dei fiorentini per i diritti umani, per la forza partigiana e per la fine dell’invasione nazifascista.
Alle 6.45 dell’11 agosto 1944, infatti, Firenze venne svegliata dal suono della Martinella, la campana più famosa di Firenze sulla Torre di Arnolfo a Palazzo Vecchio, che richiamava alla lotta i suoi cittadini per dare inizio all’insurrezione. 

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LA BATTAGLIA DI FIRENZE
Ebbe così inizio l’eroica “Battaglia di Firenze”, a seguito della distruzione dei suoi amati ponti, che vide fiorentini di ogni età e ceto sociale schierarsi al lato dei partigiani con grande coraggio e determinazione.
La Battaglia di Firenze è riconosciuta in tutto il mondo come simbolo di solidarietà, coordinamento e resilienza; persero la vita 250 persone, ci furono più di 400 feriti e quasi 150.000 sfollati a causa dei bombardamenti sui ponti. Il 1° settembre del 1944, Firenze, grazie alla sua forza e al Comitato Toscano di Liberazione Nazionale (CTLN) (primo nel suo genere), si liberò definitivamente dall’invasione. 

Ma la domanda rimane: come mai venne salvato Ponte Vecchio?

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LE 2 TEORIE SU CHI SALVÒ IL PONTE VECCHIO

  1. Ponte Vecchio troppo bello per le mine.
    La teoria più famosa e forse la più romantica e cinematografica, e anche l’unica conosciuta fino al 2016, a cui molti ancora fanno fede, è quella secondo la quale furono proprio le truppe naziste, o addirittura secondo alcuni lo stesso Führer a decidere di risparmiare il Ponte Vecchio perché patrimonio artistico-culturale di troppo valore per farlo saltare in aria con una mina. D’altronde è ben nota la passione di Hitler per l’arte e il fatto che solo pochi anni prima, il 9 maggio del 1938, aveva visitato Firenze accompagnato da Mussolini.

    Che la bellezza del corridoio vasariano sia stato un tallone d’Achille per Adolf Hitler?
    Può essere, Firenze è la città della Sindrome di Stendhal, non sarebbe poi così assurdo, ma rimane sicuramente una teoria da notte degli Oscar. C’è chi, invece, rimanendo fedele a questa storia ci aggiunge l’elemento più realistico: Gerhard Wolf, il console tedesco a Firenze in quegli anni. Wolf era un uomo estremamente colto e raffinato, un grandissimo ammiratore dell’arte rinascimentale e appassionato di storia dell’arte, che nei suoi anni da console si adoperò parecchio per la salvaguardia del patrimonio culturale fiorentino. La sua figura fu indispensabile nella questione Ponte Vecchio. 

  2. Burgasso salvò il suo Ponte.
    A molti fiorentini non ha mai convinto la storia di Hitler che risparmia il ponte. Folle com’era, aveva già bombardato mezza città, possibile che si sia fatto intenerire dal Rinascimento? Per i molti a cui questa teoria ha sempre lasciato dubbi, nel 2016 è arrivata la risposta. Non fu Hitler, ma il Burgassi conosciuto da tutti come il Burgasso: storpio e brutto, le truppe tedesche lo avevano scambiato per un povero scemo disgraziato e lo lasciavano libero di girare sul Ponte Vecchio dove apriva e chiudeva le botteghe e conosceva tutti gli orafi.

    In realtà il Burgasso era lucido e molto intelligente, come testimonia Lucia Barocchi nel libro “Di pietra e d'oro. Il Ponte Vecchio di Firenze. Sette secoli di storia e di arte” del 2016, in cui sono stati raccolti tutti i segreti del ponte tra cui quello di Luciano, aiutante di Burgasso nel 1944. Per anni l’ha mantenuto per fedeltà al Burgasso e per paura delle conseguenze, fino a liberarsi dal peso da anziano in occasione del libro.

    "Luciano, e noi non s'ha da fare nulla per la nostra povera Firenze?" 
    Questa famosa frase, riportata da Luciano, fu pronunciata dal Burgasso, sempre lasciato troppo libero dai tedeschi perché ritenuto incapace, prima di staccare con le sue stesse mani, davanti agli occhi di Luciano, i fili delle mine che sapeva esattamente dove trovare: in via dè Ramaglianti, dietro Borgo San Jacopo.

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